mercoledì 7 novembre 2007

The fashion victim

ho lavorato nel mondo della moda e sono riuscita a sopravviverci, e talvolta anche a godermelo, grazie al sense of humour di cui Madre Natura mi ha, bontà sua, generosamente dotata...


Sono a Milano, la capitale della moda.
Quattro volte all'anno questa città evoluta e altezzosa si piega all'assalto di una folla eterogenea e cosmopolita di cavallette, vestite come i più raffinati manichini delle vetrine del centro e snob come i più zotici nouveaux riches dell'hinterland.


Come al solito io sono qui per lavoro, e non mi sento affatto parte di questo zoo. Sono solo un'osservatrice distaccata e, grazie al cielo, ironica. Perché è solo con l'ironia che si può riuscire a sopravvivere in questo mondo di uomini e donne devoti a un solo credo, al dogma che inesorabile decreta: “l'importante è l'apparire, non l'essere”.

La mia agenda dice che dovrò assistere a varie sfilate.
Le amiche mi invidiano; vedrò Giorgio, la Naomi, la Jessica, e parecchi vip. E io invidio le amiche che, beate loro, potranno andare in ufficio senza trucco e con il vestito dell'anno scorso.
Oggi è uno di quei giorni in cui avrei voglia di nascondermi al mondo, e invece dovrò APPARIRE in forma smagliante.
Comunque non ho scelta, quindi forza... trucco, gonna, top, giacca, tacchi alti, borsa capiente per contenere la mia mega-agenda, gli inviti alle sfilate, i press release e i “cotillons” che raccoglierò durante la giornata.
Sono pronta.
Mi guardo allo specchio. Ce l'ho fatta. APPAIO al mio meglio. E a nessuno importerà una mazza del fatto che in realtà io SONO al mio peggio.


Fuori dell'albergo c'è già una discreta coda per i taxi.
Mi metto in fila insieme agli altri disgraziati come me.
I fortunati invece, quelli che contano o che credono di contare in questo mondo dorato, hanno delle macchine scure e lunghissime che li aspettano.
Gli autisti parlottano tra di loro, in trepida attesa dei vip che in questi giorni avranno l'onore di scarrozzare da un capo all'altro della città. Illuminati dal bagliore delle loro vetture tirate a lucido e inondati dalla gloria riflessa del loro importante “carico”, guardano con commiserazione a noi, misera gente comune. Come a dire “Eh eh, ne farete di code oggi!”
Li incenerisco con lo sguardo, come faccio ogni volta che qualcuno mi ricorda una triste verità.
Mentre aspetto, guardo la gente che condivide il mio gramo destino.
E penso che a guardarli (a guardarci) non si direbbe mai che siano (che siamo) dei disgraziati.
Tutti “beautiful people”, tutti griffati da capo a piedi, tutti occupatissimi a non perdere neanche un attimo del loro preziosissimo tempo. C'è chi parla al telefonino in lingue incomprensibili (ma che ora sarà adesso in Giappone, mi chiedo), chi scrive su Filofax rilegati in pelle e gonfi di biglietti da visita, chi mette in ordine gli inviti per le sfilate di oggi, chi controlla la posta sull'ultimo modello di Blackberry.
Solo io sono totalmente nullafacente. Solo io mi accorgo che il cielo è di un azzurro infinito e che oggi è una bellissima giornata di fine Settembre.


Sono ancora in coda quando arriva una Multipla. Per questi cultori dell'estetica è come un cazzotto nello stomaco. La guardano come si guarderebbe un grasso bacherozzo e si rifiutano di salirci.
La Multipla non piace neanche a me per la verità, ma devo solo starci venti minuti su quel taxi, mica devo comprarmelo.
Quando apro lo sportello per salire a bordo mi guardano con lo stesso disprezzo con cui hanno accolto l'arrivo della seppur vincente ciambella-senza-buco della Fiat. Però io parto per la sfilata e loro restano lì, ad aspettare una Mercedes.
Sono pronta per la giornata che mi aspetta? No, assolutamente no. Ma APPARIRO' come se lo fossi e quindi LO SARO'!


Il taxi vola attraverso le strade di Milano con una agilità insospettabile per una carrozzeria formato chioccia come quella della Multipla.
Forse è solo la sua legittima rivalsa contro tutto il bello stucchevole e statico che invade la città in questo periodo.


A partire dai mega-cartelloni pubblicitari che tappezzano le strade per inneggiare ai grandi stilisti e all'unica dea di questo mondo pagano eppure monoteista: L'APPARENZA.

Maschi, con corpi che sembrano scolpiti nel marmo bruno, appesi a ogni angolo delle vie e delle piazze per convincere gli uomini che, con quella giacca e con quella camicia sbottonata fino alla vita, diventeranno belli come loro.
Parlo di marmo sia per la indiscutibile plasticità dei loro corpi che per il fatto che per me, parere personalissimo e assolutamente discutibile, quei bambolotti hanno lo stesso sex appeal di una statua. Cioè zero.
Sarò strana, ma a me piacciono gli uomini fisicamente imperfetti, quelli che sanno che c'è tutto un mondo al di là del loro microcosmo e che magari ti agganciano con lo sguardo per invitarti a scoprirlo con loro, non questi manichini per i quali l'unica cosa che vale la pena di agganciare con lo sguardo è uno specchio, preferibilmente a figura intera, che confermi che sono loro i più belli del reame.


Donne, talvolta poco più che bambine, che ti guardano dall'alto con i loro occhi bellissimi nei volti perfettamente truccati, e che esibiscono i chiari segni della loro anoressia con un orgoglio molto più doloroso del disagio di molte (troppe) ragazze per il loro vero o presunto sovrappeso. Pubblicizzano vestiti quantomeno improbabili per la donna “normale” che non può passare da una festa all'altra perché deve anche andare in ufficio, che non viaggia in limousine e che quindi ogni tanto deve anche correre per acchiappare un autobus al volo, che va spesso in pizzeria e non sempre in ristoranti tre stelle Michelin.

Sembra davvero che l'umanità abbia un unico grande affanno, quello di APPARIRE: di apparire belli, di apparire eleganti, di apparire ricchi, di apparire felici.

Persa in queste considerazioni non mi accorgo che siamo arrivati a destinazione.
Scendo con mestizia dalla Multipla, un po' perché mi sentivo proprio a mio agio avvolta nella sua rassicurante mediocrità e, soprattutto, perché adesso comincia davvero la mia giornata e io devo tuffarmi nella mischia.
E la mischia, in questo mondo apparentemente distaccato e superiore, non ha proprio niente da invidiare a quella degli stadi. Qui, in questi palazzi patrizi con stucchi, affreschi e lampadari di Murano, alla rissa fisica si aggiunge pure lo stress psicologico, la parte più dura per me.
Ma ce la farò, come sempre...


La sfilata si svolgerà nella casa del designer in persona, in una delle zone più prestigiose di Milano proprio a due passi da Via della Spiga.

Davanti al portone alto almeno tre metri ci sono dei ragazzi, di bellissima presenza naturalmente, che sbarrano il passo a chi cerca di entrare.
Nella vita di tutti i giorni sono probabilmente costretti a confrontarsi con gli esami universitari, o con i rifiuti delle agenzie per modelli, o con un lavoro assai poco glamorous.
Ma oggi si sentono onnipotenti, e con fermezza impartiscono ordini perentori: “Lei è press? Si? Allora non stia qui in mezzo, per favore, l'ingresso per la stampa è di là” oppure “Lo capisco signora che lei conosce Giorgio, ma per adesso stia buona qui anche lei”.


Fa caldo. Io mi metto da una parte, all'ombra, e mi guardo intorno.

Molti, uomini e donne, indossano abiti dell'ultima collezione del designer di cui stiamo per assistere alla sfilata.
Vabbè, direte voi, che c'è di strano? Ve lo dico io che c'è di strano.
Tra poco più di un'ora quelle stesse persone saranno a un'altra sfilata di un altro stilista, e indosseranno abiti dell'ultima collezione di quello stilista, non più di questo.
Ed ecco che le limousine con i loro interni spaziosi e con i loro vetri fumée ci appaiono in tutta la loro capitale importanza!
Non più soltanto un mero segno di prestigio, ma la soluzione all'esigenza vitale di cambiarsi d'abito durante gli spostamenti da una sfilata all'altra, l'unica risposta alla pressante necessità di APPARIRE come ammiratori e clienti affezionati di tutti gli stilisti.
Come potrebbero infatti quegli stupendi esemplari di cortigiani cambiarsi da capo a piedi nell'abitacolo di una Multipla? I loro corpi morbidi e profumati non sono fatti per i contorcimenti, né per essere palesati attraverso quei vetri così trasparentemente plebei.


Ecco che arriva, in una nuvola di cipria e di profumi dolciastri, la grande guru della moda su carta patinata, una giornalista (la giornalista) onnipotente e onnipresente, una signora che sembra una stagionatissima caricatura della primavera rimasta prodigiosamente immutata per gli ultimi tre lustri.
E non si tratta di miracoli della chirurgia estetica perché le rughe sul suo viso e sul suo corpo ci sono, eccome. Ma io gliele ho contate anno dopo anno e sono sempre le stesse, non una di più né una di meno.
Forse, in qualità di sua fedelissima vestale, ha fatto un patto con la Grande Madre che governa questo mondo fatato: la moda. Un patto che deve essere stato sancito tre lustri fa, appunto. “Io ti dedico tutte le mie energie, ti assicuro pagine e pagine su tutti i settimanali che contano e tu mi mummifichi così come sono adesso, alla mia non più verde età di 72 anni”.
Se i miei conti sono esatti, adesso di anni dovrebbe averne 87, ma non dimostra un'ora di più di quella settantaduenne che è stata.
Quello che cambia sempre invece è il suo abbigliamento, soprattutto i suoi cappelli; oggi ne ha su uno che sembra una terracotta policroma del Della Robbia, un tripudio di frutta, fiori e foglie.


Finalmente si aprono le porte per lasciarci entrare nel tempio dove si svolgerà la cerimonia di iniziazione della nuova linea primavera/estate del grande stilista.
L'atmosfera è assai poco mistica per la verità.
Tutti spingono, tutti sgomitano a destra e a manca, tutti vogliono entrare per primi.
Però lo fanno come se quel caos così poco cool accadesse al di là della loro volontà, come se loro non avessero né il controllo né la responsabilità della scompostezza dei loro corpi; i volti restano impassibili e serafici, come se stessero sorseggiando un tè o chiacchierando con un amico.
E intanto sgomitano. E intanto spingono.
Se è vero che gli ultimi saranno i primi, io sederò al posto d'onore.


Come ho detto, la sfilata si terrà nell'appartamento del designer.
Beh, appartamento. Appartamento si fa per dire, se avesse una torre merlata avrebbe tutte le carte in regola per essere annoverato tra i castelli.
Si articola su tre piani. I piani superiori sono off-limits, ma il piano terra sembra il set de “Il Grande Gatsby” in versione milanese-chic: centinaia di fiori bianchi, candele sparse ovunque, divani bianchi, pareti bianche, pochi mobili ma antichi e preziosi, cristalli e argenti che riflettono la luce dei grandi lampadari di cristallo. Un minimalismo da milioni di euro.
Camerieri che sembrano la dea Kalì volteggiano tra gli invitati con vassoi carichi di flutes di champagne e di finger food di tutti i tipi: il finger food va forte alle sfilate perché permette di apparire eleganti anche mangiando con le mani. Con le dita, dicono loro, ma sempre di mangiare con le mani si tratta. Le crudités vanno per la maggiore, si possono addentare senza sbaffarsi il rossetto e contengono solo frazioni di calorie.

<--- continuerà--->

5 commenti:

wendy ha detto...

sto in attesa della continuazione...

Irrinunciabile!

MANUELA ha detto...

e io stavo in attesa di un incoraggiamento, Wendy...
irrinunciabile!
chissà, forse adesso... ;-)
Manuela

Anonimo ha detto...

che noia: la solita giornalista che d-e-t-e-s-t-a il suo orribile lavoro. da quando in qua si invidiano le amiche che vanno in ufficio vestite come vogliono e da quando in qua giornaliste qualcune hanno il dovere di vestirsi come mannequin?. non mi risulta che paola pollo del corriere della sera sia come cindy crawford o un'icona come sienna miller. dai, fammi il piacere e almeno abbi l'onestà intellettuale di dire che sì, porca miseria, fai la giornalista e sì che dopotutto non è così male il tuo lavoro, anzi l'A-D-O-R-I: come adori andare a casa dello stilista e dare del "tu" a giorgio in punta di piedi, ammesso e non concesso che tu segua le sue conferenze stampa e che tu osi proferire parola senza il consenso di daniela fedi del giornale.
e, ne sono certa, alla fermata del taxi nessuno nota che entri in una multipla. non gliene frega niente a nessuno nel mondo della moda. frega solo a te perchè sei un po' sfigata mentalmente. altro che ironica!

MANUELA ha detto...

spero che tu non faccia la psicologa perché hai azzeccato proprio poco...
non faccio, e non ho mai fatto, la giornalista.
e nel mio lavoro, che ho davvero A-D-O-R-A-T-O , mi sono potuta permettere di ironizzare sul mondo della moda, distante anni luce dalle mie responsabilità di tutti i giorni.
non capisco il livore del tuo commento, anonimo, ma le critiche fatte a vanvera non riescono proprio a togliermi il buonumore!
Manuela

lita ha detto...

nessuno è più " sfigato mentalmente" di chi non ha il coraggio di firmarsi.